venerdì 4 giugno 2010

Pikappa-Zero-Due


Qualche immagine del PK02, come ormai l'ho battezzato dal nome del percorso salvato su Google Maps. Concorderete con me che si tratti di un gran bel posto dove andare a correre e allenarsi. La vecchia via dei Cavalleggeri offre un buon percorso di riscaldamento per poter affrontare il ritorno sugli scogli che da un lato ti accoglie con una vista mozzafiato e dall'altro ti aggredisce con ostacoli poco rassicuranti. Allenarsi sugli scogli non costituisce solo una questione di fiato, ma pone a dura prova l'attenzione, la coordinazione e l'equilibrio. Significa letteralmente danzare sulle pietre facendo in modo che un appoggio non possa mai essere considerato stabile con certezza. Certi scogli li si tocca, li si sfiora appena per rimbalzare su qualche posizione più stabile; altri li si deve affrontare come pareti da arrampicata, altri ancora rischiano di lasciarti coi vestiti laceri.





Il PK02 visto dall'alto, un passaggio in arrampicata, il fondo di roccia vulcanica; sotto le suole la si sente fin troppo bene.
E alla fine il mare che ti aspetta diventa, con l'abitudine, un appuntamento. Le rocce che si sbriciolano ti danno ogni volta l'addio; resti qualche minuto lì sulla scogliera, usurpando il posto ai gabbiani, sul mare che schianta le rocce ignorandoti; poi il sole inizia a calare ed è ora di tornare a casa.


 



lunedì 24 maggio 2010

Reborn.

Esatto.
Rinato.
Ufficialmente, ricominciano gli allenamenti sul PK02. Quattro chilometri di cui uno su sterrato e uno su scogli misti di arenarie e roccia vulcanica.
Neanche credevo di riuscire a concluderlo, dopo tanto tempo, e invece eccomi qui, stanco e soddisfatto.
La costa è meravigliosa; il percorso è leggermente cambiato per lo spostamento di alcuni fronti di frana, la presenza di un rottame di bicicletta, uno scooter (o meglio il suo scheletro) e diversi arbusti caduti giù dalla scarpata.
La riva era piena di velelle, e luccicava stramanente di blu. I lentischi profumavano e gli elicrisi sembrava stessero per sbocciare da un momento all'altro.
Non è spettacolare, non è acrobatico, non c'è nessuno a vedere o scattare foto d'effetto ma una cosa è certa: è parkour.
E io mi sento migliore.

mercoledì 9 dicembre 2009

Fasem parkour totjour

Ancora quell'aria fresca - non fredda - che ti lascia correre senza sudare. Iniziava a mancarmi. Ed è un buono stimolo per uscire, per riprendere possesso dei miei allenamenti, con costanza, mantenendo un ritmo, una velocità, uno scopo. Non è che in tutto questo tempo non mi sia allenato, è solo che il tempo ha scarseggiato drasticamente, e tra allenarmi e scrivere qui sopra ho preferito lasciare spazio per la prima cosa. Ora che c'è il nuovo orario al centro commerciale dopo le otto è quasi tutto deserto; posso usare gli scivoli e il fondo di tartan per gli esercizi, le ringhiere e le panchine per provare gli agganci e resta comunque sempre spazio per piccoli percorsi, per sviluppare fluidità e continuare a mantenere fiato.
Stasera poi ho perfino preso un brutto colpo sotto al ginocchio sinistro e questo è un chiaro segno che le mie 574 stiano passando a miglior vita: non hanno più molta aderenza e il colpo non l'ho preso per un errore di valutazione ma perché hanno perso la presa. Due-tre ore di ghiaccio e passa tutto, grazie al cielo ho una circolazione forte e settanta chili di colpo contro uno spigolo non hanno prodotto neanche un livido, solo un leggero arrossamento e la lieve sensazione di dolore se vado a premere sul punto. Tutto a posto, come sempre. Ora di dormire. Fasem parkour totjour!

giovedì 1 ottobre 2009

ottobre

ecco, era da giugno che non postavo. due righe per constatare che dopo un'estate fitta di impegni che mi hanno spesso sottratto all'asfalto ora sembra finalmente di potermi godere di nuovo il mio appuntamento due volte a settimana. felice di vedere che il fiato non si è sciupato troppo; è ora di tornare a correre e allenarsi come prima.

venerdì 12 giugno 2009

Il mio metodo naturale

Georges Hébert nell'ideare il Metodo Naturale probabilmente pensava anche a questo. Lo spostamento nei luoghi non consueti, in ambiente non antropizzato. Ecco come mai da qualche tempo mi alleno anche sugli scogli.
Un allenamento breve, poco più di tre chilometri, ma di questi tre uno è su strada sterrata e uno completamente su scogli di rocce sedimentarie e vulcaniche inframezzate da piccole recenti frane.
Correre ed arrampicarsi sulle rocce vulcaniche, oltre a distruggere le scarpe, lascia ben poco margine alla disattenzione. Sono superfici ruvide, piene di fori e qualche volta cedevoli...
Qualche passaggio è letteralmente in arrampicata, serve equilibrio, occhio e rapidità di riflessi.
Capisci cosa si intende per movimento fluido solo quando ti trovi nella condizione di dover decidere continuamente ad ogni istante dove poggiare i piedi o su quale roccia rimbalzare, con l'incognita che non sia perfettamente stabile costringendoti a improvvisi ripensamenti.
Difficile, entusiasmante, impegnativo per le articolazioni.
Però è casa. E' il mio mare. Una ventina di minuti in cui piano piano voli sopra gli scogli, prefiggendoti di non toccarne mai uno bagnato per non rischiare di perdere pericolosamente aderenza.
Le mie 574 lavorano bene anche se sono piuttosto consumate, sentire con chiarezza le rocce ti dà confidenza e, in definitiva, ti senti una tessera del mosaico.
L'altra sera ho fatto un buffo accrocchio per poter portare con me la macchina fotografica e farvi capire cosa possa significare, per me, venirmi ad allenare qui. Poi, come sempre, tornerò a correre con solo un fazzoletto in una tasca e una spiga di lavanda nell'altra. Chi mi cerca, spiacente, dovrà attendere.

Sono sul pianeta Terra, almeno per un po'. Lasciate un messaggio a casa.

giovedì 28 maggio 2009

Beatitude

Anche oggi mi hanno detto che sono calmo.
Che non mi incazzo.
E non è del tutto vero, o meglio, diciamo che sono cambiato molto; un tempo mi incazzavo più facilmente, mi agitavo per nulla, mi saltavano i nervi al volo.
Ora no, solo per divertimento o per motivi seri.
E' che non ne vale la pena.
E' che corro.
C'è bisogno di una valvola di sfogo; mantenere un ritmo costante negli allenamenti è metodo, è disciplina, è un modo per staccare e lasciarsi tutto dietro, correre via fisicamente e mentalmente.
E' che salto giù dai muri, che volo sopra i corrimano di metallo lucido, che mi ritrovo a correre lungomare in mezzo al nulla, col sole che tramonta, i cisti e gli elicrisi in piena fioritura, col loro profumo elettrizzante. Come si fa a non sentirsi meglio? Ti rimette al mondo. Ci sono l'Elba, la Corsica, Capraia, Gorgona, tutto il promontorio, e ci sono io, che corro piano cercando di non emettere alcun rumore mentre appoggio i piedi sulla strada sterrata, perché il parkour ti insegna "no sound no shock" e tutti i tuoi legamenti ti vorranno bene.
Il rumore lo fanno le onde trenta metri piu' in basso, lo fa il vento tra i cespugli e le fronde dei lecci, lo fanno le ghiandaie e i passeri. E' tutto quello di cui ho bisogno.
Al diavolo la musica, quando esco ho in tasca soltanto un fazzoletto.
Solo
un
fazzoletto.

lunedì 18 maggio 2009

équilibre de chat, performance de gabian

 
("gabian" e' provenzale, il termine francese corretto e' "goéland")
E si ricomincia a pieno regime. Il caldo e la luce aiutano non poco, la voglia è consistente e come al solito quando si torna ad almeno un paio di allenamenti a settimana mi sento immediatamente molto meglio. Fino ad ora però la voglia di correre e basta prende il sopravvento; sara' perché correre lungo la via dei Cavalleggeri tra Calamoresca e Spiaggialunga, in mezzo ai cisti e agli elicrisi fioriti, col sole che tramonta piano sul mare e' tutta un'altra cosa che allenarsi d'inverno su strada. E' poco "urban", è vero, ma ti rimette al mondo. E torno a ribadire che ascoltare la musica mentre si corre e' un delitto, perché ti spezza il fiato e perché ti impedisce di sentire le onde che frangono e i maledetti gabbiani assassini che da noi - non c'é nessun dubbio - dominano incontrastati. A volte te li trovi a un metro dalla testa mentre inseguono bastardissimi una povera tortora, senti il fruscio delle penne della tortora e il sibilo delle ali d'acciaio dei bastardi, si rischia quasi di trovarseli sulla schiena. Per questo li apprezzo e mi va di sentirli, perché se ne fottono della stupida etichetta di leggiadri signori dell'aria, dell'immagine di sognatori costruita su Jonathan Livingstone. Non sono sognatori, sono i ratti dell'aria e cacano fiotti di liquido nauseabondo.
Loro, fanno parkour in aria. Efficienza, velocita', ecco tutto.
E da oggi si torna sui corrimano, nel tentativo di guadagnare con l'allenamento anche un ventesimo di quell'efficienza.
Sarebbe già un grosso traguardo.