Va bene, va bene, ci sono cascati un pò tutti. Uno guarda Yamakasi, guarda Ghost Dog e tutti questi film che fanno tanto ghetto, tanto banlieue, e quando poi scende in strada prende lo stramaledetto lettore mp3 (i piu' bestiali l'iPod) e si spara RZA e i Supreme NTM nelle orecchie; corre cinque minuti, dieci al massimo, ed è subito spompato. Perché? Perché è un idiota. Due pezzi di fila nelle orecchie, uno a 90 bpm e uno a 110 pbm ti falsano il ritmo della corsa, ti costringono a un passo che non è il tuo, figurati se lo cambi ogni tre minuti.
Non ascolto più musica dalla terza volta che mi sono allenato, per questo motivo e anche perché non voglio cazzate addosso quando salto oltre una ringhiera; voglio preoccuparmi di non rompermi le caviglie, non di non rompere il lettore mp3... E poi ascoltare i rumori della città, pensare, sincronizzarsi con quello che ci scorre intorno, è un'altra cosa. Occorre allenarsi con consapevolezza. Qualcuno nell'ambiente del running sostiene che non ci si dovrebbe allenare da soli perché se si è almeno in due c'è un certo spirito di competizione che aiuta a tenere ritmi sostenuti e l'uno cerca inconsciamente di tenere il passo dell'altro. Per il parkour vale l'esatto contrario. Chi si allena da solo non deve dimostrare niente a chi è con lui, non si spara le pose e non è tentato di esibirsi in acrobazie inutili; il parkour non è competizione, ma efficienza nello spostamento. Da soli si studia uno spot, si individuano le linee e si ha tutto il tempo di pensare a come affrontarle, come renderle facili finché non ti scivolano addosso, sotto alle scarpe, come se si corresse in piano. Mi piace allenarmi da solo, e mi compiaccio di avere la volontà di fare un riscaldamento lungo anche se nessuno me lo impone. La disciplina mi sta sul culo, l'autodisciplina mi fa sentire bene. Non significa che non mi piaccia la compagnia, ma se dopo un po' si iniziano a provare i trick mi rompo le palle. Il concetto di "trick" e' in sé l'indice di qualcosa che non quadra.
Non faccio trick, io.
Mi sposto, tutto qui.
Non ascolto più musica dalla terza volta che mi sono allenato, per questo motivo e anche perché non voglio cazzate addosso quando salto oltre una ringhiera; voglio preoccuparmi di non rompermi le caviglie, non di non rompere il lettore mp3... E poi ascoltare i rumori della città, pensare, sincronizzarsi con quello che ci scorre intorno, è un'altra cosa. Occorre allenarsi con consapevolezza. Qualcuno nell'ambiente del running sostiene che non ci si dovrebbe allenare da soli perché se si è almeno in due c'è un certo spirito di competizione che aiuta a tenere ritmi sostenuti e l'uno cerca inconsciamente di tenere il passo dell'altro. Per il parkour vale l'esatto contrario. Chi si allena da solo non deve dimostrare niente a chi è con lui, non si spara le pose e non è tentato di esibirsi in acrobazie inutili; il parkour non è competizione, ma efficienza nello spostamento. Da soli si studia uno spot, si individuano le linee e si ha tutto il tempo di pensare a come affrontarle, come renderle facili finché non ti scivolano addosso, sotto alle scarpe, come se si corresse in piano. Mi piace allenarmi da solo, e mi compiaccio di avere la volontà di fare un riscaldamento lungo anche se nessuno me lo impone. La disciplina mi sta sul culo, l'autodisciplina mi fa sentire bene. Non significa che non mi piaccia la compagnia, ma se dopo un po' si iniziano a provare i trick mi rompo le palle. Il concetto di "trick" e' in sé l'indice di qualcosa che non quadra.
Non faccio trick, io.
Mi sposto, tutto qui.
Nessun commento:
Posta un commento