venerdì 12 giugno 2009

Il mio metodo naturale

Georges Hébert nell'ideare il Metodo Naturale probabilmente pensava anche a questo. Lo spostamento nei luoghi non consueti, in ambiente non antropizzato. Ecco come mai da qualche tempo mi alleno anche sugli scogli.
Un allenamento breve, poco più di tre chilometri, ma di questi tre uno è su strada sterrata e uno completamente su scogli di rocce sedimentarie e vulcaniche inframezzate da piccole recenti frane.
Correre ed arrampicarsi sulle rocce vulcaniche, oltre a distruggere le scarpe, lascia ben poco margine alla disattenzione. Sono superfici ruvide, piene di fori e qualche volta cedevoli...
Qualche passaggio è letteralmente in arrampicata, serve equilibrio, occhio e rapidità di riflessi.
Capisci cosa si intende per movimento fluido solo quando ti trovi nella condizione di dover decidere continuamente ad ogni istante dove poggiare i piedi o su quale roccia rimbalzare, con l'incognita che non sia perfettamente stabile costringendoti a improvvisi ripensamenti.
Difficile, entusiasmante, impegnativo per le articolazioni.
Però è casa. E' il mio mare. Una ventina di minuti in cui piano piano voli sopra gli scogli, prefiggendoti di non toccarne mai uno bagnato per non rischiare di perdere pericolosamente aderenza.
Le mie 574 lavorano bene anche se sono piuttosto consumate, sentire con chiarezza le rocce ti dà confidenza e, in definitiva, ti senti una tessera del mosaico.
L'altra sera ho fatto un buffo accrocchio per poter portare con me la macchina fotografica e farvi capire cosa possa significare, per me, venirmi ad allenare qui. Poi, come sempre, tornerò a correre con solo un fazzoletto in una tasca e una spiga di lavanda nell'altra. Chi mi cerca, spiacente, dovrà attendere.

Sono sul pianeta Terra, almeno per un po'. Lasciate un messaggio a casa.

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