Che non mi incazzo.
E non è del tutto vero, o meglio, diciamo che sono cambiato molto; un tempo mi incazzavo più facilmente, mi agitavo per nulla, mi saltavano i nervi al volo.
Ora no, solo per divertimento o per motivi seri.
E' che non ne vale la pena.
E' che corro.
C'è bisogno di una valvola di sfogo; mantenere un ritmo costante negli allenamenti è metodo, è disciplina, è un modo per staccare e lasciarsi tutto dietro, correre via fisicamente e mentalmente.
E' che salto giù dai muri, che volo sopra i corrimano di metallo lucido, che mi ritrovo a correre lungomare in mezzo al nulla, col sole che tramonta, i cisti e gli elicrisi in piena fioritura, col loro profumo elettrizzante. Come si fa a non sentirsi meglio? Ti rimette al mondo. Ci sono l'Elba, la Corsica, Capraia, Gorgona, tutto il promontorio, e ci sono io, che corro piano cercando di non emettere alcun rumore mentre appoggio i piedi sulla strada sterrata, perché il parkour ti insegna "no sound no shock" e tutti i tuoi legamenti ti vorranno bene.
Il rumore lo fanno le onde trenta metri piu' in basso, lo fa il vento tra i cespugli e le fronde dei lecci, lo fanno le ghiandaie e i passeri. E' tutto quello di cui ho bisogno.
Al diavolo la musica, quando esco ho in tasca soltanto un fazzoletto.
Solo
un
fazzoletto.
Nessun commento:
Posta un commento